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Lavoro, la caccia delle aziende (con gli Its) a 20 mila profili introvabili
- 19/05/2021
- Pubblicato da: admin
- Categoria: Alternanza Scuola lavoro Educazione e formazione Formazione 2.0 ITS professioni
Diventa un profilo introvabile!
Da un lato ci sono le imprese che cercano ogni anno almeno 20 mila diplomati specializzati, con competenze tecnologiche, informatiche e in generale soft skills per settori come metalmeccanico, chimico-farmaceutico, moda, alimentare. Dall’altro, ne trovano appena 5 mila.
Sono infatti solo 19 mila gli studenti che ogni anno scelgono un Istituto tecnico superiore dopo il diploma di scuola superiore. Quando invece, secondo gli ultimi dati Indire l’80% degli iscritti ad un Its trova lavoro entro il primo anno dal diploma e il 92% ha trovato un impiego legato al suo percorso di studi.
Ma le aziende faticano ancora a trovare le professionalità di cui hanno bisogno. In Italia. Perché invece all’estero sono 800 mila i ragazzi tedeschi che ogni anno di iscrivono ad un Its, in Francia sono 200 mila.
«I giovani scelgano gli Its»
Per questo, è sempre più necessario che «sempre più giovani scelgano gli Its: l’Italia è il secondo Paese manifatturiero in Europa ma senza orientare i ragazzi e le ragazze verso la “seconda gamba” dell’istruzione terziaria, come gli Its, alternativa all’università, non riusciremo a competere in un mondo sempre più interconnesso e tecnologico».
L’invito arriva da Giovanni Brugnoli, vicepresidente per il Capitale Umano di Confindustria, che partecipa agli «Its Pop Days», la prima fiera virtuale degli Istituti Tecnici Superiori, organizzata da Confindustria e Umana in collaborazione con Indire, in corso da oggi fino al 7 maggio, cui prendono parte migliaia di professori e studenti per scoprire una realtà ancora così poco frequentata da studenti e famiglie.
«Dobbiamo convincere loro ma anche rivolgerci a insegnanti e famiglie – spiega Brugnoli -, perché le opportunità sono tantissime e vanno conosciute: la stessa pandemia non ha ridimensionato la domanda di super-tecnici delle imprese italiane, anzi, ci sono settori chiave come il metalmeccanico, l’ICT, l’alimentare, ma anche la moda, il legno-arredo, le costruzioni e il chimico-farmaceutico che cercano giovani tecnici ma non li trovano».
I fondi del Pnrr: 1,5 miliardi in 5 anni
Degli Its aveva parlato anche il premier Mario Draghi definendoli «pilastro educativo». E il Piano nazionale di ripresa e resilienza destina 1,5 miliardi di euro in 5 anni per sviluppare questo percorsi di studi. «Dobbiamo scongiurare il rischio che le risorse Ue destinate a questi istituti siano sprecate», avverte Brugnoli.
E Maria Raffaella Caprioglio, presidente di Umana, ribadisce: «Gli Its sono la risposta al mismatch di competenze fra i giovani in uscita dalla scuola e quel che cercano le imprese, perché offrono una formazione qualificata, un’occupabilità altissima, un collegamento con le forze produttive del territorio». Ecco perché, è il loro momento.
Scuola professionalizzante
In Italia, sono 109 gli Its correlati a 6 aree tecnologiche. Hanno la struttura della Fondazione e sono collegati alle aziende del territorio, gli enti locali, le università. Sono la prima esperienza in Italia di offerta formativa terziaria professionalizzante, su modello del resto d’Europa, dove gli Its sono da tempo un’alternativa forte all’università. Destinati a studenti diplomati, i corsi di due o tre anni includono anche il 30% dell’orario di stage nelle aziende con percorsi di apprendistato e il 50% dei docenti arriva dal mondo del lavoro.
Alla fine del periodo di studi e dopo un esame, si ottiene un diploma tecnico superiore con la certificazione delle competenze riconosciute a livello europeo. «Paradossalmente, adesso che si sono accese le luci della ribalta, – avverte Giovanni Biondi, presidente di Indire che cura la banca dati degli Its – il pericolo è che i fattori di successo, i caratteri originali di questo modello formativo vengano in qualche modo stravolti».
Gli Its, spiega Biondi, «sono un percorso formativo post secondario non universitario, legato al mondo delle imprese e fortemente ancorato all’obiettivo dello sviluppo di competenze: proprio la loro flessibilità, il non avere un “programma ministeriale” da seguire, la centralità delle attività nei laboratori sono tra i fattori che vanno sviluppati e difesi per garantire che gli Its possano continuare a sostenere i processi di innovazione in atto nel settore manifatturiero e dei servizi».